Sinassario dei Santi italici ed italo
greci del 28 Ottobre
Santa Cirilla figlia di Santa Trifonia
e martire a Roma sotto Claudio II il Gotico(verso il 268)
Cirilla, martire di Roma, santa, i resti sono
nella cripta di Adriano a S. Maria in Cosmedin. Qui furono ritrovati, in
occasione della riapertura del luogo sacro, nel 1717. Erano poste in un cippo
romano, scavato a pozzetto, che serviva da base alla mensa dell’altare. La
martire fu sepolta da Giustino nel cimitero di S. Ciriaca presso quello di S.
Lorenzo o, come è segnalato dagli Itinerari del VII secolo, nel cimitero
attiguo di S. Ippolito sulla via Tiburtina. Il suo corpo si vuole portato da
Paolo I alla chiesa di S. Silvestro in Capite, dove viene indicato dall’antica
lapide posta nel portico. Nelle guide del XVIII secolo è segnalato per metà in
S. Pietro e per metà in S. Silvestro in Capite. Non si conosce la data della
sua traslazione a S. Maria in Cosmedin, dove è già indicata dal Bruzio nel
Codice Vaticano Latino 1185, f.192.
Santo
Fedele martire a Como sotto Massimiano(verso il 304)
Il
nome di Fedele è spesso ripetuto a Como, dove un'antica, bellissima chiesa
romanica, con absidi e cupola, è intitolata al Santo di oggi. Un Santo quindi
tipico della regione e della città lariana, quasi quanto Sant'Abbondio, Patrono
di Como.
Fedele fu Martire nei primi secoli, e le notizie sul suo conto sono assai più scarse di quanto lascerebbe credere la sua chiara fama. Probabilmente fu un missionario cristiano, inviato dal Vescovo di Milano sulle rive dei lago, ancora abitato da pagani . Infatti, una “Passio”successiva fa il nome di Materno, Vescovo di Milano, il quale, nel III secolo, avrebbe mandato Fedele a convertire gl'idolatri delle Prealpi retiche.
Predicando e insegnando, San Fedele sarebbe giunto fino all'estremità settentrionale del bacino lacustre, verso Chiavenna. Qui avrebbe sofferto la rapida morte, forse nella persecuzione di Diocleziano e Massimiano
Un'altra tradizione lo dice invece soldato delle Legioni imperiali, disertore, con due compagni, quando Diocleziano e Massimiano pubblicarono i primi editti di persecuzione contro i cristiani, miranti a epurare l'esercito e a porre sotto inchiesta i pubblici funzionari.
Arrestato a Como, Fedele vi sarebbe stato processato, condannato e infine decapitato.
Dopo la morte, gli accenni a San Fedele sono, se non più numerosi, almeno più precisi. Ennodio, narrando la vita di Sant'Antonio di Lérins, ricorda che il suo primo rifugio fu presso la sepoltura di San Felice Altre fonti testimoniano in favore della sepoltura di San Fedele a Samolaco, cioè all'altra estremità del lago, nel luogo stesso della decapitazione. Certo è che già prima del Mille, le reliquie di San Fedele furono trasferite a Como, in quella chiesa - fino allora intitolata a Santa Eufemia, - che doveva assumere il nome del Martire, e onorarlo nei secoli.
Ma sembrava che la gloria della città in riva al lago non fosse sufficiente per l'antico Martire. Nel 1572, San Carlo Borromeo ne trasportò solennemente i resti a Milano, in una chiesa allora costruita nel centro della città. E nel nome della Chiesa di San Fedele, il ricordo del Martire di Como sopravvive anche nella metropoli lombarda, da dove egli era partito missionario fiducioso e fedele.
Fedele fu Martire nei primi secoli, e le notizie sul suo conto sono assai più scarse di quanto lascerebbe credere la sua chiara fama. Probabilmente fu un missionario cristiano, inviato dal Vescovo di Milano sulle rive dei lago, ancora abitato da pagani . Infatti, una “Passio”successiva fa il nome di Materno, Vescovo di Milano, il quale, nel III secolo, avrebbe mandato Fedele a convertire gl'idolatri delle Prealpi retiche.
Predicando e insegnando, San Fedele sarebbe giunto fino all'estremità settentrionale del bacino lacustre, verso Chiavenna. Qui avrebbe sofferto la rapida morte, forse nella persecuzione di Diocleziano e Massimiano
Un'altra tradizione lo dice invece soldato delle Legioni imperiali, disertore, con due compagni, quando Diocleziano e Massimiano pubblicarono i primi editti di persecuzione contro i cristiani, miranti a epurare l'esercito e a porre sotto inchiesta i pubblici funzionari.
Arrestato a Como, Fedele vi sarebbe stato processato, condannato e infine decapitato.
Dopo la morte, gli accenni a San Fedele sono, se non più numerosi, almeno più precisi. Ennodio, narrando la vita di Sant'Antonio di Lérins, ricorda che il suo primo rifugio fu presso la sepoltura di San Felice Altre fonti testimoniano in favore della sepoltura di San Fedele a Samolaco, cioè all'altra estremità del lago, nel luogo stesso della decapitazione. Certo è che già prima del Mille, le reliquie di San Fedele furono trasferite a Como, in quella chiesa - fino allora intitolata a Santa Eufemia, - che doveva assumere il nome del Martire, e onorarlo nei secoli.
Ma sembrava che la gloria della città in riva al lago non fosse sufficiente per l'antico Martire. Nel 1572, San Carlo Borromeo ne trasportò solennemente i resti a Milano, in una chiesa allora costruita nel centro della città. E nel nome della Chiesa di San Fedele, il ricordo del Martire di Como sopravvive anche nella metropoli lombarda, da dove egli era partito missionario fiducioso e fedele.
Santo Onorato vescovo di Vercelli(verso
il 415)
Un
particolare legame unisce, nella figura del vescovo Onorato, la chiesa
vercellese a quella milanese, fu, infatti, lui a somministrare i sacramenti a
Sant’Ambrogio in punto di morte, così come il grande vescovo milanese aveva
appoggiato la proposta di Onorato, sulla cattedra episcopale di Vercelli, come
successore del vescovo Limenio
Alla morte di quest’ultimo, infatti, la chiesa eusebiana era scossa da contrasti non indifferenti in merito alla scelta del vescovo e queste divisioni erano ancor più acuite dalla predicazione di due sacerdoti milanesi, che contestavano la riforma voluta dal defunto vescovo in merito alla disciplina ascetica e al celibato dei sacerdoti, idee già presenti nella regola di vita del clero voluta dal grande Sant’Eusebio. La questione venne risolta anche grazie all’intervento di Ambrogio, prima con una lettera, che fu il suo ultimo scritto, poi personalmente, consacrando Onorato, già stimato membro del cenobio eusebiano, quale vescovo, nel 396.
Dell’azione pastorale del santo è testimonianza un carme, inciso sulla lastra sepolcrale della sua tomba, posta nella cattedrale cittadina accanto a quelle di Eusebio e Limenio. Nel testo Onorato è descritto come degno discepolo del maestro Eusebio, del quale aveva condiviso le pene dell’esilio e del carcere e come predicatore della ortodossa dottrina di sempre contro gli influssi ariani ancora presenti. Il suo episcopato durò circa un ventennio.
Le sue reliquie riposano sotto la mensa di un altare laterale della cattedrale di Vercelli. L’iconografia del santo, nelle tipiche sembianze di un anziano santo vescovo, ha un tratto specifico nel presentarlo mentre comunica Ambrogio morente.
Alla morte di quest’ultimo, infatti, la chiesa eusebiana era scossa da contrasti non indifferenti in merito alla scelta del vescovo e queste divisioni erano ancor più acuite dalla predicazione di due sacerdoti milanesi, che contestavano la riforma voluta dal defunto vescovo in merito alla disciplina ascetica e al celibato dei sacerdoti, idee già presenti nella regola di vita del clero voluta dal grande Sant’Eusebio. La questione venne risolta anche grazie all’intervento di Ambrogio, prima con una lettera, che fu il suo ultimo scritto, poi personalmente, consacrando Onorato, già stimato membro del cenobio eusebiano, quale vescovo, nel 396.
Dell’azione pastorale del santo è testimonianza un carme, inciso sulla lastra sepolcrale della sua tomba, posta nella cattedrale cittadina accanto a quelle di Eusebio e Limenio. Nel testo Onorato è descritto come degno discepolo del maestro Eusebio, del quale aveva condiviso le pene dell’esilio e del carcere e come predicatore della ortodossa dottrina di sempre contro gli influssi ariani ancora presenti. Il suo episcopato durò circa un ventennio.
Le sue reliquie riposano sotto la mensa di un altare laterale della cattedrale di Vercelli. L’iconografia del santo, nelle tipiche sembianze di un anziano santo vescovo, ha un tratto specifico nel presentarlo mentre comunica Ambrogio morente.
Santo Gaudioso
vescovo africano in esilio a Napoli a motivo della persecuzione ariana(verso il
440)
Nacque ad Abitine una cittadina del circondario di Cartagine
Non si ha alcuna notizia della sua giovinezza, si sa solo che era vescovo di
Abitine al tempo dell'invasione dei Vandali, nel 439
Genserico lo prese prigioniero e gli propose di restare vescovo ad
Abitine, se avesse aderito all’eresia
ariana Gaudioso rifiutò, fu allora imbarcato assieme a tutto il clero locale,
fra cui il vescovo di Cartagine San Quodvultusdeus, su vecchie navi in disarmo,
prive di remi e di vele. Fortunosamente attraversarono il mar Tirreno ed
approdarono a Napoli (tra il 39 e il 440)
Egli
si stabilì sull'acropoli dell'antica Neapolis (Sant'Aniello a Caponapoli), dove
nell'VIII sec. il vescovo Stefano II instituì un monastero di vergini,
intitolandolo al santo vescovo.
Le sue spoglie mortali furono accolte nel 452 (morì all'età di settantanni) nella catocomba del VI sec. della valle della Sanità, che prese nome da lui.Probabilmente importò a Napoli la regola agostiniana, gli usi liturgici africani (rimane qualche traccia nella liturgia battesimale) e alcune reliquie. La più importante quella di S. Restituta.
Le sue spoglie mortali furono accolte nel 452 (morì all'età di settantanni) nella catocomba del VI sec. della valle della Sanità, che prese nome da lui.Probabilmente importò a Napoli la regola agostiniana, gli usi liturgici africani (rimane qualche traccia nella liturgia battesimale) e alcune reliquie. La più importante quella di S. Restituta.
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