mercoledì 25 ottobre 2017

25 ottobre santi italici ed italo greci


 


Sinassario dei santi italici ed italo greci per il 25 Ottobre

Santo Miniato  secondo la tradizione un  Re armeno  martire a Firenze sotto Decio nel 251

San Miniato, primo Martire fiorentino.
Miniato, secondo la venerabile tradizione , sarebbe stato un Re armeno, di passaggio da Firenze, durante la persecuzione di Decio, cioè nel 250. Rifiutò il sacrificio agli dei. La tradizione  scritta subito dopo il Mille, ricorda numerosi tormenti ai quali venne inutilmente sottoposto: uscì illeso da un forno arroventato; si liberò miracolosamente dei ceppi che lo stiravano sul cavalletto; fece stramazzare un leone, con un segno di Croce, nell'anfiteatro che sorgeva fuori della città, verso levante, e di cui si riconosce ancora il ricurvo perimetro.
Finalmente venne decapitato.E la tradizione continua a narrare: dopo la decapitazione, Miniato si rialzò , e, afferrata la propria testa in mano, si mise  a correre verso quello che veniva chiamato mons fiorentinus, il Monte di Firenze, folto di ulivi e di lauri. Lassù giacque, testimoniando chiaramente la sua volontà di esservi sepolto e onorato.
Accanto alla Tradizione , oggi si ipotizza  che Miniato sia stato un autentico fiorentino, forse di bassa condizione e che il suo martirio avvenisse, non nell'anfiteatro ma dove l'Arno faceva un'ansa, detta " gorgo ". Da tempo immemorabile, i Fiorentini veneravano una Croce, chiamata la Croce al Gorgo che - molto probabilmente - segnava il luogo dove il primo Martire fiorentino testimoniò col sangue la propria fede.
Entrando nella chiesa di San Miniato e salendo sull'alto presbiterio, si può vedere, nel mosaico dell'abside, il Martire fiorentino raffigurato come un Re , insieme con la Vergine, al lato del Cristo, giudice e Sovrano.







Santi Teodosio Lucio Marco e Pietro martiri a Roma sotto Claudio II il Gotico con 46 soldati e 106 civili (nel 269)

probabilmente del gruppo di pellegrini che dalla Persia si erano recati a Roma per visitare le tombe degli apostoli
Il respiro concesso ai cristiani dall'editto di Gallieno non fu infatti di lunga durata per i fedeli di Roma e durante il breve regno di Claudio II, il sangue dei martiri scorse nuovamente nella città imperiale (P. Allard, Les dernières persecutions du troisième siècle, 3 ed.).





















Santi Proto,presbitero,Gianuario diacono e Gavino soldato  martiri sotto Diocleziano a Porto Torres presso Sassari in Sardegna nel 303

Il nome Gavino deriva dal latino ‘Gabinus’, nome etnico che vuol dire ‘abitante di Gabium’, antica località del Lazio, per questo è conosciuto anche come Gabino, usato prevalentemente nell’Impero romano, come il padre di s. Susanna, s. Gabino (19 febbraio).
Nella basilica di San Gavino a Porto Torres, un pittore del XVII secolo ha rappresentato il martirio di Gavino, Proto e Gianuario; il primo è in divisa militare romana, gli altri due in abiti ecclesiastici, anziano con barba Proto e giovane Gianuario.
L’anonimo estensore della ‘Passio’ del XII sec., pervenuta dall’abbazia di Clairvaux, poté utilizzare le poche notizie riportate dal ‘Martirologio Geronimiano’ del VI secolo, cioè i loro nomi, la città e la data del martirio. Gavino era morto decapitato il 25 ottobre 303 ca. al tempo della persecuzione di Diocleziano; Proto e Gianuario ebbero stessa sorte il 27 ottobre, due giorni dopo.
La ‘Passio’ narra che Proto sacerdote e Gianuario suo diacono, erano nati in Sardegna e allevati a Turris (in seguito Turres e poi Porto Torres), fondata nel 46 a.C., situata nel Golfo dell’Asinara, di fronte all’omonima isola; e predicavano il Vangelo sul Monte Agellus, quando fu pubblicato l’editto di Diocleziano e Massimiano, per la persecuzione contro i cristiani.
Alcuni pagani del luogo, irritati per la loro presenza, si recarono in Corsica, dove risiedeva il preside Barbaro, inviato nelle due grandi isole per fare applicare l’editto imperiale, e denunziarono la loro presenza.
Barbaro li fece arrestare e condurre alla sua presenza, alle loro convinte risposte, ordinò di portare Proto nelle isole ‘Cuniculariae’(arcipelago della Maddalena), mentre trattenne Gianuario con la speranza di convertirlo.
Trasferitosi in Sardegna a Turris, il preside Barbaro fece rientrare Proto riunendolo a Gianuario e ancora una volta, cercò di convincerli a ritornare al paganesimo.
Al loro fiero rifiuto li fece torturare, lacerando le loro carni con unghie di ferro; poi feriti furono messi in prigione, sotto la custodia di un soldato semplice di nome Gavino; il soldato di idee non ostili ai cristiani, colpito dal loro comportamento e dalle loro parole, li liberò chiedendo solo di ricordarsi di lui nelle loro preghiere
I due fuggitivi lasciarono la città e si rifugiarono in una caverna; il giorno seguente il preside Barbaro ordinò che gli fossero portati i due prigionieri, ma il soldato Gavino, professandosi cristiano, confessò di averli liberati.
Fu subito condannato a morte e mentre lo conducevano sul luogo del supplizio, lungo la strada incontrò una donna cristiana che l’aveva spesso ospitato, la quale gli diede un velo per bendarsi gli occhi; Gavino fu decapitato vicino al mare e il suo corpo gettato dalle rupi nelle onde, dove scomparve.
Dopo la morte Gavino apparve a Calpurnio marito della donna cristiana e dopo averlo aiutato a rialzare le sue bestie cadute, gli affidò il velo prestatogli, dicendo di restituirlo a sua moglie.
Quando l’uomo tornò a casa, trovò la moglie piangente per la morte di Gavino, ma Calpurnio non poteva crederci visto che l’aveva incontrato lungo la strada, tanto è vero che gli aveva dato il velo per lei; ma una volta spiegato il velo, si accorsero che era macchiato di sangue.
Poi il martire Gavino apparve ai due fuggitivi nella caverna, invitandoli a tornare a Turris per ricevere come lui il martirio; Proto e Gianuario obbedirono e furono decapitati il 27 ottobre  










Santo Gaudenzio nato  a Brescia,monaco a Cesarea in Cappadocia e poi vescovo di Brescia(verso il 410 )

Quello che sappiamo di lui si ricava in parte dai suoi scritti, da lettere di contemporanei e dalle vicende che lo hanno coinvolto. È bresciano di origine, ma non si sa niente della famiglia, della nascita e della gioventù. Lo troviamo, forse già sacerdote, al fianco del settimo vescovo bresciano, Filastrio. Di sicuro ha fatto buoni studi e gode di largo prestigio tra i concittadini. Infatti, quando Filastrio muore (nel 387 o 388), clero e fedeli designano lui come successore.
Ma Gaudenzio al momento sta percorrendo come pellegrino i luoghi santi; è anzi uno dei pionieri di questi pellegrinaggi. I bresciani allora mandano in Palestina una delegazione per farlo rientrare al più presto. Lui accetta con qualche difficoltà, perché si considera scarso come scrittore di teologia, mentre questo all’epoca è compito fondamentale di ogni vescovo, con tanti punti di fede da precisare, con la varietà di dottrine e di dottrinari che ci sono in giro. (Il vescovo Filastrio ha scritto molto su eresie ed eretici).
Ma infine si convince ad accettare, anche perché la sua nomina è sostenuta da Ambrogio, vescovo di Milano. Così, intorno all’anno 390 viene consacrato vescovo, alla presenza di Ambrogio venuto da Milano, che poi lo chiama nella sua città per una serie di prediche. (Milano è capitale dell’Impero romano d’Occidente: vi risiedono la famiglia imperiale, il governo e i comandi militari). Non si ritiene degno di stendere trattati, e non crede che le sue omelie meritino di essere trascritte. E invece proprio questo accade: da un lato, le trascrivono molti preti per servirsene nella loro predicazione; dall’altro, c’è chi gli richiede più larghe spiegazioni di cose dette da lui in chiesa; e allora gli tocca scrivere. Uno dei più vivaci intellettuali del tempo, Tirannio Rufino di Aquileia, gli scrive: «Il tuo è un ingegno così vivo che bisogna proprio scrivere e pubblicare quello che dici nelle prediche e nelle conversazioni».. La sua esperienza dell’Oriente gli procura un’importante missione nel 406. A Costantinopoli, il patriarca Giovanni Crisostomo è stato mandato in esilio per la seconda volta, a opera di Eudossia, moglie dell’imperatore Arcadio. Papa Innocenzo I manda Gaudenzio e altri quattro vescovi a Costantinopoli per incontrare Arcadio, promuovere un concilio e ottenere la libertà per il patriarca. Ma l’impresa fallisce: i vescovi vengono bloccati e rimandati indietro prima di arrivare a Costantinopoli.
E Gaudenzio ritorna a Brescia, dove fa sorgere una chiesa dal nome insolito: Concilium Sanctorum. «Il nome voleva dire: qui c’è una collezione di santi; e i santi sono le reliquie degli apostoli che aveva portato san Gaudenzio nel suo ritorno dalla Terrasanta»: così ha spiegato questo nome Paolo VI, bresciano, parlando a un pellegrinaggio di suoi concittadini nel 1970. Gaudenzio è stato sepolto in quella chiesa nel 411 o 412, già venerato come santo dal popolo.







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Santo Arduino confessore della fede a Ceperano(verso il 627)

Secondo una venerabile  tradizione  Sant’Arduino sarebbe nativo dell’Inghilterra, di stirpe pagana. Sant’Agostino di Canterbury, celebre evangelizzatore dell’isola, lo convertì al cristianesimo e gli conferì l’ordinazione sacerdotale. Per un certo tempo Arduino esercitò il suo ministero dedicandosi intensamente alla preghiera ed al digiuno, finchè insieme ad altri santi pellegrini, Gerardo, Bernardo e Folco, decise di intraprendere la visita dei luoghi santi in Palestina. Al ritorno da questo lungo viaggio si sarebbe fermato a Ceprano, in provincia di Frosinone, ove fu però colpito dalla peste allora dilagante e trovò così la morte il 28 luglio 627. Gli fu data sepoltura nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Il suo culto, a Ceprano, fu sempre costante e continuo , e sin dal 1531 venne approvato dal Papa Clemente VII  Verso il ‘600 il vescovo di Veroli, Eugenio Fucci, compì una ricognizione delle reliquie ed un’altra fu effettuata il 31 luglio 1863 dal vescovo Fortunato Maurizi, in occasione del nuovo altare dedicato al santo. In realtà già il 18 luglio 1621 il comune di Ceprano, come risulta dai suoi atti consiliari, aveva effettuato uno scambio di reliquie con il comune di Santo Padre al quale ne aveva ceduta una di Arduino. Il capo inltre, precedentemente separato dal corpo e legato in argento, fu adornato con maggiore fasto nel 1766. Una reliquia del santo si trova anche presso Rocca d’Arce, in diocesi di Aquino, ove nel 1779 fu trasferita in una nuova chiesa dalla vecchia cappella in demolizione a lui dedicata.



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