6 ottobre Santi italici ed italo greci
Saints JANVIER et AMMONUS, martyrs (probablement à Rome).
Santi Marcello,Casto,Emilio e Saturnino ed
Apuleio martiri a Capua (IV secolo)
Il Martirologio Romano li commemora
come originari di Roma e riferendo che
dopo essere stati discepoli di Simone Mago, furono convertiti alla fede
dall'apostolo Pietro ed ottennero la palma del martirio sotto il consolare
Aureliano.
Il Martirologio Geronimiano conosce il solo Marcello come martire di Capua e lo ricorda ai giorni 6 e 7 ott. (questa ultima data è il vero dies natalis); egli solo ancora è notato nel Calendario mozarabico e in quello marmoreo di Napoli e la sua immagine era riprodotta nei famosi mosaici della basilica locale di S. Prisco del sec. VI. In un calendario del sec. VII, nel Sacramentario Gelasiano del sec. VIII e poi nel Martiroloigo di Floro, invece, Marcello si trova citato anche con Apuleio;
Il Martirologio Geronimiano conosce il solo Marcello come martire di Capua e lo ricorda ai giorni 6 e 7 ott. (questa ultima data è il vero dies natalis); egli solo ancora è notato nel Calendario mozarabico e in quello marmoreo di Napoli e la sua immagine era riprodotta nei famosi mosaici della basilica locale di S. Prisco del sec. VI. In un calendario del sec. VII, nel Sacramentario Gelasiano del sec. VIII e poi nel Martiroloigo di Floro, invece, Marcello si trova citato anche con Apuleio;
In un manoscritto dell’abbazia . di
Farfa del sec. IX-X, in cui si narra che Marcello, fervente cristiano romano,
esiliato dall'imperatore Tiberio a Capua ed arrestato durante la festa
dell'imperatore per non aver voluto partecipare ai sacrifici, fu condannato a
morte; il suo servo Apuleio poco dopo lo seguì nel martirio.
Secondo altre redazioni, in cui sono confuse in un solo racconto le notizie riguardanti i martiri Marcello di Roma e Marcello di Tangeri, Marcello era invece un centurione romano fervente e generoso che adoperava le sue ricchezze per liberare i prigionieri di guerra; arrestato a Capua fu ucciso dal prefetto delle milizie Agricolano, poco prima del suo servo Apuleio.
Secondo altre redazioni, in cui sono confuse in un solo racconto le notizie riguardanti i martiri Marcello di Roma e Marcello di Tangeri, Marcello era invece un centurione romano fervente e generoso che adoperava le sue ricchezze per liberare i prigionieri di guerra; arrestato a Capua fu ucciso dal prefetto delle milizie Agricolano, poco prima del suo servo Apuleio.
San Probo
vescovo di Gaeta che accolse a Formia il
vescovo missionario Erasmo originario di Antiochia e che era stato sottoposto a crudeli torture durante le
persecuzione di Diocleziano e quando mori gli diede degna sepoltura
Santo Renato vescovo di
Sorrento(tra il 422 e il 450 )
San Renato fu il secondo
vescovo di Sorrento di cui si conservi notizia.
Egli visse con molta probabilità tra la fine del IV e la prima metà del V secolo ed ebbe modo di curare la guida della chiesa sorrentina in un periodo credibilmente compreso tra il 425 ed il 6 ottobre del 450 Egli, probabilmente, prima di divenire vescovo, visse in una condizione di relativo eremitaggio nella zona dove oggi si trova il cimitero che porta il suo nome e lì si è creduto che siano stati a lungo seppelliti i suoi resti mortali.
Interessante e verosimile è la tradizione relativa al fatto che San Renato, al momento della sua nascita, potesse avere un nome diverso da quello che conosciamo e che esso possa averlo mutato dopo essere approdato al credo cristiano, in seguito ad un processo di conversione.
Su questa probabilità si sofferma lo storico Pasquale Vanacore osservando: “Una informazione preziosa sul conto del nostro Santo la possiamo desumere dal suo stesso nome, confermando quanto diceva in proposito un proverbio latino: “nome est omen”, il nome è un presagio Renato è un nome sconosciuto alla romanità classica, mentre veniva usato dai cristiani ed imposto ai neobattezzati con chiara allusione alla rinascita in Cristo operata dal sacramento. In questo senso usa il termine “renatus” San Girolamo che tradusse la Bibbia dal greco al latino e fu quasi contemporaneo del Santo vescovo di Sorrento. Nel cimitero paleocristiano di Stabia, che si trovava sull’ area dove sorge l’ attuale chiesa concattedrale di Castellammare, in una iscrizione sepolcrale è testimoniato il nome “Renobatus” (Rinnovato) con lo stesso valore simbolico del nome “Renatus“. Possiamo quindi presumere che il nostro Santo, pervenuto alla fede in età adulta, ebbe il nome di Renato quando fu rigenerato a nuova vita nel battesimo e che quindi precedentemente ad esso poteva chiamarsi diversamente “
Egli visse con molta probabilità tra la fine del IV e la prima metà del V secolo ed ebbe modo di curare la guida della chiesa sorrentina in un periodo credibilmente compreso tra il 425 ed il 6 ottobre del 450 Egli, probabilmente, prima di divenire vescovo, visse in una condizione di relativo eremitaggio nella zona dove oggi si trova il cimitero che porta il suo nome e lì si è creduto che siano stati a lungo seppelliti i suoi resti mortali.
Interessante e verosimile è la tradizione relativa al fatto che San Renato, al momento della sua nascita, potesse avere un nome diverso da quello che conosciamo e che esso possa averlo mutato dopo essere approdato al credo cristiano, in seguito ad un processo di conversione.
Su questa probabilità si sofferma lo storico Pasquale Vanacore osservando: “Una informazione preziosa sul conto del nostro Santo la possiamo desumere dal suo stesso nome, confermando quanto diceva in proposito un proverbio latino: “nome est omen”, il nome è un presagio Renato è un nome sconosciuto alla romanità classica, mentre veniva usato dai cristiani ed imposto ai neobattezzati con chiara allusione alla rinascita in Cristo operata dal sacramento. In questo senso usa il termine “renatus” San Girolamo che tradusse la Bibbia dal greco al latino e fu quasi contemporaneo del Santo vescovo di Sorrento. Nel cimitero paleocristiano di Stabia, che si trovava sull’ area dove sorge l’ attuale chiesa concattedrale di Castellammare, in una iscrizione sepolcrale è testimoniato il nome “Renobatus” (Rinnovato) con lo stesso valore simbolico del nome “Renatus“. Possiamo quindi presumere che il nostro Santo, pervenuto alla fede in età adulta, ebbe il nome di Renato quando fu rigenerato a nuova vita nel battesimo e che quindi precedentemente ad esso poteva chiamarsi diversamente “
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Santo Magno vescovo di Oderzo (Verso il 660)
Il 6
ottobre il calendario liturgico porta la memoria di san Magno, vescovo di
Oderzo ed Eraclea. Quando nel 568 i longobardi di re Alboino invasero la pianura padana,
facendo di Pavia la loro capitale, i Bizantini, che a partire dalla deposizione
nel 476 dell’ultimo imperatore romano, Romolo augusto, detenevano con Zenone
I le insegne imperiali dell’Occidente, poterono fare quasi nulla contro l’invasione
longobarda A quei tempi Venezia non ancora esisteva, al suo posto c’era una
laguna brumosa nella quale si erano rifugiati i contadini ed i pescatori padani
sfuggiti alle razzie barbare. Gradualmente quei miseri villaggi di legno,
vennero sostituiti dalla pietra, sempre in bilico tra acqua e terra, e così si
formò Venezia. La vicenda di san Magno s’inserisce proprio agli inizi della
storia della laguna, in uno di quei 118 isolotti al confine con il mare. Magno,
nato alla fine del VI secolo ad Altino, una volta acquisita un’ottima
educazione umanistica, scelse la vita eremitica, durante la quale si preparò a
ricevere l’ordinazione sacerdotale che avvenne nella città di Opitergium, oggi
Oderzo. In questa città san Magno diede inizio al suo impegno rivolto ad
estirpare sia il paganesimo sia l’eresia ariana. Date le circostanze non
proprio favorevoli per gli abitanti del territorio , san Magno organizzò, col
consenso di papa Severino, un totale e completo trasferimento civica in un’isoletta
che verrà successivamente chiamata Eraclea. Tra le prime cose fece costruire la
cattedrale dedicata all’apostolo Pietro e altre chiese nei luoghi dove più
tardi sorgerà Venezia. In questa impresa di trasferimento da Oderzo ad Eraclea,
san Magno figurò agli occhi dei cittadini come un novello che guida il suo
popolo alla terra promessa.
Nel 665 Oderzo subì un grave attacco da parte dei Longobardi ariani che rasero la città completamente al suolo. Pochi anni dopo, verso il 670 circa, san Magno morì ad Oderzo ed i suoi resti vennero inumati nella sua cattedrale. Secondo una costante tradizione quando san Magno fu cacciato dai Barbari e cercò un rifugio nelle lagune di Venezia, l’arcangelo Raffaele si presentò a lui in una visione e gli disse che voleva avere un santuario in quel luogo. Il vescovo obbedì ed innalzò una chiesa in onore di san Raffaele nella parte della città chiamata Dorso Daro. Illuminato da una luce soprannaturale, san Magno avrebbe visto svolgersi sotto i suoi sguardi gli eventi futuri della splendida storia di Venezia.
Il culto di san Magno non ha cessato di esistere nella diocesi di Venezia, dove le spoglie mortali furono traslate nel 1206 dal Doge Pietro Zani, è considerato tuttora un patrono secondario. Attualmente i suoi resti riposano ad Eraclea conservati nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata.
Nel 665 Oderzo subì un grave attacco da parte dei Longobardi ariani che rasero la città completamente al suolo. Pochi anni dopo, verso il 670 circa, san Magno morì ad Oderzo ed i suoi resti vennero inumati nella sua cattedrale. Secondo una costante tradizione quando san Magno fu cacciato dai Barbari e cercò un rifugio nelle lagune di Venezia, l’arcangelo Raffaele si presentò a lui in una visione e gli disse che voleva avere un santuario in quel luogo. Il vescovo obbedì ed innalzò una chiesa in onore di san Raffaele nella parte della città chiamata Dorso Daro. Illuminato da una luce soprannaturale, san Magno avrebbe visto svolgersi sotto i suoi sguardi gli eventi futuri della splendida storia di Venezia.
Il culto di san Magno non ha cessato di esistere nella diocesi di Venezia, dove le spoglie mortali furono traslate nel 1206 dal Doge Pietro Zani, è considerato tuttora un patrono secondario. Attualmente i suoi resti riposano ad Eraclea conservati nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata.
Santa
Epifania figlia del re longobardo Rachis vergine e monaca nel monastero di Santa Maria della Caccia a Pavia
(tra il 795 e 800) e nello stesso monastero già prima nel 749
abita il re Rachis, che per improvvisa vocazione, con il
consenso della moglie e della stessa
figlia aveva rinunciato al trono
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